Benvenuto! Leggi qui i nostri
Termini e condizioniIn un articolo pubblicato il 19 aprile 2025, sul New York Times, il columnist Ross Douthat introduce un concetto inquietante: il ‘bottleneck of the digital age’, un ‘collo di bottiglia evolutivo’ attraverso cui l’intelligenza artificiale starebbe spingendo (gradualmente) l’umanità. Questo fenomeno, paragonabile alle estinzioni di massa della preistoria, non minaccia specie biologiche, ma interi pilastri culturali, sociali e politici che hanno definito la civiltà umana negli ultimi secoli. La rivoluzione digitale, accelerata dall’AI, sta infatti erodendo rapidamente modelli consolidati – dalla produzione artistica alla formazione dei nuclei familiari– senza che nuovi sistemi siano davvero pronti a sostituirli.
La pressione sulla cultura e sulla politica
Come sottolinea Douthat, l’AI e le piattaforme digitali stanno alterando radicalmente il modo in cui consumiamo e produciamo cultura. Letteratura e cinema, già in crisi per la concorrenza di TikTok e YouTube, affrontano adesso un ulteriore declino: gli algoritmi generativi creano infatti contenuti su misura, e riducono in questo modo la domanda di opere più complesse e lunghe. Il risultato è una standardizzazione che omogeneizza l’esperienza artistica. Allo stesso tempo, la politica sta subendo una trasformazione analoga: l’ascesa di micro-ideologie di nicchia, amplificate da ‘echo chamber’ algoritmiche, sta sgretolando il concetto di ‘maggioranza silenziosa’, portando a una polarizzazione e frammentazione crescente.
Il collasso delle strutture sociali
Il ‘bottleneck’ non risparmia neppure le fondamenta della società. Secondo dati citati dal Times, i tassi di natalità globali continuano a crollare, con Paesi come l’Italia, il Giappone e la Corea del Sud che stanno registrando picchi storici di invecchiamento. L’AI, poi, che tende a sostituire le interazioni umane con surrogati virtuali, aggrava ulteriormente questa tendenza: chatbot emotivi e compagni virtuali offrono alternative alle relazioni tradizionali, mentre algoritmi di dating app riducono la complessità dell’innamoramento a match di tipo statistico. Il rischio, avverte Douthat, è quindi quello di una ‘estinzione demografica’ graduale, che minaccia la sopravvivenza stessa di intere nazioni e popoli.
Rischi tecnologici e infrastrutturali
Oltre alle conseguenze sociali, il ‘bottleneck’ digitale pone sfide tecniche senza precedenti. Come evidenziato da un rapporto Deloitte del febbraio 2025, l’AI generativa sta moltiplicando i cyber-rischi: malware auto-produttivi, phishing iper-realistico e deepfake indistinguibili dalla realtà stanno saturando le difese tradizionali dei sistemi informatici. Contemporaneamente, la richiesta di energia per alimentare data center e modelli come GPT-5 rischia di far collassare reti elettriche obsolete: secondo stime citate da LinkedIn, infatti, entro il 2030 i data center potrebbero consumare circa il 15% dell’elettricità globale, aggravando in questo modo le crisi climatiche e geopolitiche già in atto.
Un futuro a due velocità
Non tutto è però oscuro e irrecuperabile. Modelli di AI più efficienti (come il DeepSeek R1), stanno già tentando di ridurre i livelli di consumo energetico, mentre watermarking e nuovi standard di provenienza dati combattono la disinformazione e le fughe di informazioni private. Tuttavia, come nota ancora Douthat, queste innovazioni rischiano di beneficiare solo le élite tecnologicamente attrezzate, lasciando invece indietro chi non può adattarsi. Il pericolo è dunque quello di una divergenza irreversibile, tra società ‘adattate’ all’AI e comunità marginalizzate, con conseguenze imprevedibili per la coesione globale.
Come navigare il collo di bottiglia
Il ‘collo di bottiglia’ dell’era digitale non va tuttavia vissuto come una condanna. È piuttosto una chiamata all’azione, che richiede politiche in grado di bilanciare innovazione e preservazione: quindi investimenti in educazione critica all’AI, regole chiare sul copyright e sulla sicurezza, e un nuovo contratto sociale che protegga i legami umani dall’erosione algoritmica. Come conclude Douthat sul NYT, “superare questa fase richiederà non solo intelligenza artificiale, ma un’abbondanza di saggezza umana”. Perché la posta in gioco non è solo il progresso, ma la sopravvivenza di quello che rende l’uomo una specie unica nell’universo.