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Termini e condizioniLe origini: dai guardiani imperiali ai signori della guerra
Il termine samurai deriva dal verbo giapponese saburau (o samurau), che significa “servire”. Originariamente, nel periodo Heian (794-1185), i samurai erano soprattutto servitori armati della corte imperiale e della nobiltà, incaricati di difendere le proprietà dei signori dagli attacchi di briganti e clan rivali. Inizialmente, quindi, non erano ancora la classe guerriera d’élite che conosciamo, ma una sorta di guardia privata destinata ai compiti più pericolosi nelle campagne e nelle remote province del Giappone.
Questa funzione di servitori-armati si evolve però rapidamente verso la fine del primo millennio. Con l’indebolimento del potere imperiale e la crescente rivalità tra i grandi clan, il Giappone conosce lunghi periodi di guerre intestine. E sono proprio questi contrasti che danno spazio alla nascita di milizie sempre più potenti e organizzate. La guerra Genpei (1180-1185), combattuta tra i clan Taira e Minamoto, segna la definitiva ascesa della classe samuraica: la vittoria di Minamoto no Yoritomo porta infatti all’istituzione del primo shogunato a Kamakura, nel 1192, sancendo il passaggio dal potere imperiale a quello militare.
La casta e il bushidō: onore, spada e fedeltà
Con lo shogunato di Kamakura inizia il lungo dominio dei samurai nella società giapponese. Da semplici servitori, essi diventano una casta privilegiata ed ereditaria, legata indissolubilmente al proprio signore, il daimyo. I samurai sviluppano un loro rigidissimo codice d’onore, il bushidō (“via del guerriero”), che esalta valori come la lealtà, il coraggio, la disciplina e, soprattutto, la disponibilità al sacrificio estremo per il proprio signore. La perdita dell’onore poteva essere lavata solo con il seppuku — il suicidio rituale —, entrato a pieno diritto nell’immaginario collettivo come simbolo della ferrea morale samuraica.
Contrariamente a quanto spesso si pensa, la katana, la celebre spada ricurva, non fu la loro principale arma nelle origini: fino al XIII secolo il vero simbolo di potere era l’arco da guerra, lo yumi. Soltanto in epoca più tarda, poi, la katana divenne l’emblema del samurai, affiancata dal wakizashi, la spada corta per il combattimento ravvicinato e il rituale del seppuku.
Oltre la guerra: cultura e curiosità
Nel corso dei secoli, la funzione dei samurai si evolve ben oltre il mestiere delle armi. Durante i lunghi periodi di pace, soprattutto sotto lo shogunato Tokugawa (1603-1868), molti samurai diventano funzionari, amministratori e patroni delle arti. La loro formazione include poesia, calligrafia, cerimonia del tè e filosofia zen, cosa che rende la figura del samurai un ideale di equilibrio tra la forza marziale e la raffinatezza culturale.
Solo nel XIX secolo, con la Restaurazione Meiji e la modernizzazione del Giappone, la casta dei samurai viene abolita e sostituita da un esercito nazionale. Eppure, il loro spirito e il bushidō continuano a vivere ancora oggi nell’identità e nei valori della società giapponese. L’eredità dei samurai, tra storia e mito, resta una delle radici più potenti nella cultura del Giappone moderno.