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Termini e condizioniL’incursione del ministro israeliano Itamar Ben Gvir sulla Spianata delle Moschee di Gerusalemme ha riacceso uno dei temi più delicati e controversi del conflitto mediorientale. Ben Gvir, guidando oltre 3.000 coloni e pregando apertamente sul sito sacro, ha violato il fragile status quo voluto da Israele e Giordania, sollevando dure reazioni dalla leadership palestinese e dai Paesi arabi, che hanno parlato di “provocazione inaccettabile e rischio di escalation”.
Un luogo sacro, tre fedi
Nota in arabo come Haram al-Sharif e in ebraico come Har HaBayit (Monte del Tempio), la Spianata delle Moschee si trova nella Città Vecchia di Gerusalemme. Si tratta di un’ampia area rettangolare, circa 500x300 metri, circondata da mura erodiane, che ospita alcuni degli edifici religiosi più importanti al mondo: la moschea al-Aqsa (la più grande della città, terzo luogo sacro dell’Islam), la Cupola della Roccia e molti altri santuari minori.
Per l’Islam, la Spianata è il luogo da cui Maometto sarebbe asceso al cielo durante il miracoloso viaggio notturno (la Cosiddetta Pietra Fondamentale ne segna il punto). I musulmani considerano la moschea al-Aqsa come un sito che rappresenta il collegamento diretto con le origini della fede islamica.
Gli ebrei identificano quest’area con il Monte Moriah, dove secondo la Torah Abramo avrebbe tentato di sacrificare Isacco, e soprattutto con la sede del Primo e Secondo Tempio costruiti dagli antichi sovrani d’Israele. Il Tempio fu poi distrutto dai romani nel 70 d.C.: ancora oggi il Muro Occidentale, unico resto visibile dell’antico edificio, è il luogo di preghiera più sacro per l’ebraismo, mentre la Spianata rappresenta il luogo del culto originario.
Infine, per i cristiani la zona ha un rilievo particolare. Qui, secondo la tradizione, Gesù tenne alcune delle sue dispute con i sacerdoti e compì gesti significativi della sua vita pubblica. Il sito conserva quindi radici storiche e simboliche condivise anche dal cristianesimo.
Un simbolo “conteso” e il fragile equilibrio
Dopo la guerra del 1967, la Spianata passò sotto il controllo israeliano, ma la gestione religiosa rimase affidata al Waqf giordano. Secondo l’accordo internazionale, solo i musulmani possono pregare sulla spianata, mentre a cristiani ed ebrei è concesso solo visitare: ogni modifica a queste regole è considerata un potenziale casus belli.
Le autorità israeliane, spinte dagli esponenti religiosi più radicali, chiedono una maggiore libertà d’accesso e di culto anche per gli ebrei sull’intero sito, fino all’aperta proposta di ricostruzione di un “Terzo Tempio”. Dall’altra parte, i palestinesi e il mondo musulmano percepiscono ogni “incursione” o preghiera ebraica sulla Spianata come un attacco alla loro sovranità e identità religiosa, con violente proteste e ricadute politiche.
L’ultima marcia di Ben Gvir rappresenta quindi molto più di una semplice visita, ma è piuttosto la messa in discussione di decenni di prassi e di equilibri già estremamente fragili. Il futuro della Spianata delle Moschee di Gerusalemme resta così un punto nevralgico e irrisolto di tutto il Medio Oriente, simbolo potente e doloroso della divisione e della convivenza – mai davvero compiuta – tra le tre grandi religioni monoteiste.