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Termini e condizioniEtimologia e significato del termine 'ras'
Il termine “ras” ha radici lontane dall’Italia. La parola proviene dall’amarico, la lingua principale dell’Etiopia, dove “ras” significa letteralmente “capo” o “duca”. Nell’Impero d’Etiopia, infatti, i ras erano dignitari di alto rango, spesso governatori di province, secondi solo al negus, l’imperatore. Il termine richiama anche l’arabo “ra’īs”, che significa sempre “capo” e che ha avuto ampia diffusione nel Mediterraneo.
L’Italia entrò in contatto con questa parola durante le sue mire coloniali sull’Etiopia. La propaganda fascista, impegnata a screditare le gerarchie etiopi, dipingeva spesso i ras come despoti crudeli, sottolineando il loro potere assoluto e arbitrario. Questa rappresentazione, però, era più frutto di retorica che di realtà storica, e serviva a giustificare l’intervento italiano come una missione di liberazione.
L’adozione del termine nel fascismo italiano
Il termine “ras” venne adottato in Italia negli anni Venti per indicare i capi locali delle squadre fasciste, soprattutto nelle campagne della Pianura Padana, in Emilia, Veneto e Lombardia. Questi leader, come Dino Grandi a Bologna, Italo Balbo a Ferrara o Roberto Farinacci a Cremona, erano figure carismatiche e spesso autonome, che guidavano le squadre d’azione nelle spedizioni punitive contro le organizzazioni socialiste e sindacali.
L’uso del termine “ras” aveva una duplice valenza: da un lato evocava l’immagine di un capo potente e temuto, dall’altro, soprattutto nella critica antifascista, veniva utilizzato con una punta di ironia per sottolineare il carattere autoritario e spesso arbitrario di questi “ducetti” locali. In questo senso, la parola fu “sfilata” alla retorica mussoliniana e usata per mettere in luce le contraddizioni e i limiti del potere dei gerarchi fascisti.
L’eredità del termine 'ras'
Con il tempo, “ras” è entrato nel linguaggio comune per indicare non solo i capi locali del fascismo, ma in generale chi esercita un potere forte e personale in un territorio o in un settore specifico. Oggi i media parlano di “ras delle piazze”, “ras delle cooperative” o persino “ras della malavita”, a indicare figure che dominano la scena locale con autorità spesso discutibile.
Insomma la parola, passata poi anche all’uso giornalistico e popolare, mantiene ancora oggi una connotazione di potere dispotico e carismatico, spesso esercitato ai margini o in contrasto con il potere centrale.