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Termini e condizioniCos’è il gerrymandering
Il termine "gerrymandering" nasce nel 1812, quando il governatore del Massachusetts Elbridge Gerry approvò una mappa elettorale in cui uno dei nuovi distretti aveva una forma talmente bizzarra da ricordare una salamandra: da qui “Gerry-mander”.
Oggi però il termine indica qualsiasi manipolazione intenzionale dei confini dei collegi per ottenere un vantaggio elettorale. Le tecniche principali sono due: il
"cracking”, che consiste nello sparpagliare gli elettori di un gruppo avversario in più distretti per diluirne il peso, e il “packing”, che al contrario concentra gli elettori avversari in pochi collegi, così da ridurne l’influenza altrove.
Perché il gerrymandering è così potente (e pericoloso)
Con l’avvento di software sofisticati e database elettorali dettagliatissimi, il gerrymandering è diventato una scienza esatta: oggi è possibile disegnare distretti quasi perfetti per garantire la vittoria di un partito anche in stati dove la popolazione è divisa a metà tra democratici e repubblicani. Un esempio emblematico è il Wisconsin, dove nel 2018 i democratici ottennero più voti a livello statale, ma i repubblicani mantennero una larga maggioranza nell’assemblea grazie a una mappa disegnata su misura.
Le conseguenze sono profonde: il gerrymandering distorce la rappresentanza, riduce la competizione elettorale e rende molti seggi “sicuri”, cioè praticamente irraggiungibili per il partito di minoranza. Questo porta a una politica più polarizzata, in cui i candidati devono preoccuparsi solo delle primarie (dove votano gli elettori più radicali) e non delle elezioni generali, riducendo la presenza di candidati moderati e la possibilità di compromesso.
L'impatto del gerrymandering su democrazia e società
Il gerrymandering mina la fiducia degli elettori nel sistema: chi si trova in un distretto “sicuro” spesso si sente privato di voce e smette di votare, alimentando l’apatia e la disillusione. Inoltre, la manipolazione dei collegi può avere effetti discriminatori, soprattutto quando si intreccia con la questione razziale: in alcuni stati, i distretti sono stati disegnati per diluire il voto delle minoranze, limitando la loro rappresentanza e i loro diritti civili.
Uno studio del 2020 ha inoltre evidenziato che il gerrymandering non solo altera la composizione delle assemblee legislative, ma scoraggia la partecipazione di candidati forti e la raccolta fondi, riducendo così la qualità della democrazia stessa. E in alcuni casi, la manipolazione dei distretti ha persino contribuito a perpetuare problemi ambientali e di giustizia sociale, come dimostrato da recenti ricerche sull’“environmental racism”.
Le risposte possibili
La Corte Suprema americana ha più volte affrontato il tema, ma senza riuscire a fissare criteri chiari per stabilire quando il gerrymandering sia incostituzionale. Alcuni Stati hanno introdotto commissioni indipendenti per il ridisegno dei collegi, ma in molti casi i legislatori riescono comunque a influenzare il processo, aggirando le raccomandazioni delle commissioni.
Secondo i sondaggi, la maggioranza degli americani vorrebbe che il disegno dei distretti fosse affidato a organismi indipendenti, ma la realtà politica rende difficile una riforma su scala nazionale.
In sintesi, il gerrymandering non è solo una questione tecnica: riguarda la qualità della democrazia e il principio che ogni voto dovrebbe valere allo stesso modo. Quando i politici scelgono i propri elettori, invece che il contrario, la democrazia perde di significato. Ecco perché il dibattito sul gerrymandering è centrale per il futuro delle elezioni americane e dovrebbe preoccupare chiunque abbia a cuore la rappresentanza e la giustizia elettorale nel mondo.