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Termini e condizioniLa recente introduzione del codice Ateco 96.99.92, che include attività legate alla prostituzione e ai servizi di escort, ha generato un acceso dibattito in Italia. Molti si sono chiesti se questa novità rappresenti una legalizzazione implicita della prostituzione, ma l’Istat e gli esperti hanno chiarito che non è così. Il nuovo codice, operativo dal 1° aprile 2025, serve a fini statistici e fiscali, ma non modifica le leggi vigenti, che continuano a punire severamente lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione.
Cosa prevede il nuovo codice Ateco
Il codice Ateco 96.99.92 è stato introdotto dall’Istat nell’ambito della nuova classificazione Ateco 2025 per identificare attività economiche legate ai “Servizi di incontro ed eventi simili”. Tra queste rientrano le attività di escort, agenzie matrimoniali e persino la fornitura o organizzazione di servizi sessuali. Tuttavia, l’Istat ha specificato che il codice è destinato esclusivamente a classificare attività legali per scopi fiscali e statistici.
In Italia, la prostituzione in sé non è illegale, purché sia esercitata volontariamente da persone adulte e capaci di intendere e di volere. Ciò che costituisce reato è lo sfruttamento, il favoreggiamento o l’induzione alla prostituzione, puniti con pene severe che vanno da quattro a otto anni di reclusione e multe fino a 25.000 euro.
Un cortocircuito normativo?
L’introduzione del nuovo codice ha suscitato critiche da parte di alcuni esperti e politici, che vedono in questa misura un potenziale “cortocircuito normativo”. Come sottolineato dalla senatrice Alessandra Maiorino del Movimento 5 Stelle, ad esempio, il rischio è che si crei una sovrapposizione tra norme fiscali e penali: mentre il codice Ateco potrebbe teoricamente consentire la registrazione fiscale di attività legate alla prostituzione, molte di queste pratiche rimangono illegali secondo la legge italiana.
Secondo Alberto Arrigoni, esperto di norme tributarie, questa ambiguità potrebbe portare a una “istituzionalizzazione implicita” dello sfruttamento della prostituzione, creando confusione tra ciò che è lecito sul piano fiscale e ciò che è vietato penalmente.
Le ragioni dietro l’introduzione del codice
L’Istat ha spiegato che il nuovo codice risponde a una direttiva europea volta a garantire una classificazione statistica esaustiva delle attività economiche, incluse quelle non regolamentate o controverse. L’obiettivo principale è far emergere redditi sommersi per migliorare la comparabilità dei dati tra i Paesi dell’Unione Europea. Tuttavia, l’Istat ha ribadito che la classificazione non implica alcuna modifica delle leggi italiane sulla prostituzione.
Le conseguenze nel dibattito pubblico
La questione ha riacceso il dibattito sulla regolamentazione della prostituzione in Italia. Da un lato, alcuni politici come Matteo Salvini vedono nella legalizzazione un’opportunità per combattere lo sfruttamento e garantire maggiori diritti ai lavoratori del settore. Dall’altro lato, molte associazioni femministe temono che una regolamentazione possa normalizzare pratiche spesso associate a violenza e tratta di esseri umani.
Insomma, il nuovo codice Ateco non legalizza né sdogana la prostituzione in Italia: si tratta di uno strumento tecnico per fini statistici e fiscali. Tuttavia, la sua introduzione evidenzia le contraddizioni normative esistenti e solleva interrogativi etici e sociali su come affrontare un fenomeno complesso come quello della prostituzione. Il dibattito è destinato a proseguire in un contesto in cui legalità, tutela dei diritti e lotta allo sfruttamento si intrecciano inevitabilmente.