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Termini e condizioniIndia e Pakistan dispongono rispettivamente di circa 160 e 170 testate nucleari, secondo le stime del SIPRI. Entrambi i Paesi hanno modernizzato i propri arsenali, sviluppando missili balistici a lungo raggio e sistemi di lancio avanzati. La dottrina pakistana del 'primo uso' – che prevede l’impiego di armi atomiche anche in risposta a minacce convenzionali – aumenta ulteriormente i rischi. E come è stato dimostrato già oggi, 7 maggio 2025, un attacco missilistico 'chirurgico' (come l’Operazione Sindoor dell’India) può innescare rappresaglie immediate e terribili, soprattutto in un contesto in cui il dialogo diplomatico è inesistente da tempo.
Lo studio del 2019 che prevedeva l’apocalisse nel 2025
Un’analisi approfondita, pubblicata nel 2019 da alcuni ricercatori su Routledge, aveva già delineato uno scenario apocalittico: un attacco terroristico ad alta intensità (come quello del 6 maggio a Pahalgam, con 26 morti) avrebbe portato a una mobilitazione militare, quindi a scontri convenzionali e infine all’uso di armi nucleari. Lo studio ipotizzava che il Pakistan, temendo una sconfitta, avrebbe usato 10 ordigni tattici (5 chilotoni) contro carri armati indiani. L’India avrebbe poi replicato con 20 testate strategiche, innescando così una reazione a catena: in tre giorni, circa 125 milioni di morti immediati, con città ridotte in cenere e nubi di fumo tali da bloccare la luce solare.
Oggi, con i raid nel Punjab (cuore economico pakistano) e a Muzaffarabad (Kashmir), quel modello teorico sembra avvicinarsi pericolosamente alla realtà. Come sottolinea Al Jazeera, infatti, gli attacchi indiani sono i più estesi dal 1971, e il Pakistan ha già minacciato una “risposta proporzionata”, lasciando intendere che non esclude affatto il ricoros ad azioni estreme.
Conseguenze globali: carestie e collassi climatici
Uno studio del 2025, citato da Senzatomica, calcola che un conflitto regionale con 250 testate (100 chilotoni l’una) ucciderebbe fino a 125 milioni di persone nell’immediato. Ma il vero disastro sarebbe successivo: 37 milioni di tonnellate di fuliggine salirebbero nell’atmosfera, riducendo la luce solare del 35% e le precipitazioni del 24% per almeno un decennio. Il crollo della produzione agricola in Cina, India e Stati Uniti scatenerebbe carestie globali, con oltre 2 miliardi di persone a rischio fame.
Geopolitica e nazionalismi: una miscela esplosiva
La crisi odierna tra India e Pakistan non riguarda solo il Kashmir o il terrorismo. Dietro le tensioni ci sono anche nazionalismi aggressivi - il premier indiano Modi cerca consenso prima delle elezioni - e rivalità geopolitiche, con la Cina che sostiene il Pakistan e gli USA vicini all’India. E come avverte Michael Kugelman del Wilson Center, “più si usa la forza convenzionale sotto l’ombrello nucleare, maggiore è il rischio di un’escalation atomica”.
Intanto, entrambi i Paesi hanno avviato esercitazioni di difesa civile: in India, sono stati simulati blackout in 244 distretti; in Pakistan, invece, i bunker sono stati riattivati. Ma l’attuale escalation dimostra che India e Pakistan non possono permettersi una guerra, e neppure il resto del mondo può. Come scriveva il rapporto Routledge sopracitato, “l’ira, il panico e i protocolli rigidi” potrebbero portare a una catastrofe irreversibile. L’ONU ha già lanciato l’allarme, ma servono mediazioni internazionali urgenti. Perché in una guerra nucleare non ci sarebbero vincitori. Soltanto cenere.