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Perché il programma nucleare iraniano rischia di sfuggire di mano (e l’ultima occasione sono i negoziati con gli Usa)
April 8, 2025 at 10:00 PM
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L’accelerazione del programma nucleare iraniano

Dal 2019, anno del ritiro degli Stati Uniti dall’accordo JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action, cioè Piano d'azione congiunto globale), l’Iran ha intensificato la sua attività nucleare con un’alacrità allarmante. Oggi il Paese possiede oltre 5.000 kg di uranio arricchito, di cui 120 kg al 60% di purezza – a un passo dal 90% necessario per la produzione di armi nucleari.

Secondo stime dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), Teheran potrebbe produrre materiale per una bomba in meno di una settimana, e per cinque ordigni in circa tre settimane. L’installazione nel Paese di centrifughe avanzate, inoltre, e la dispersione degli impianti in siti sotterranei (come Fordow e Natanz) contribuiscono a rendere il programma nulceare iraniano estremamente resistente a eventuali attacchi militari dall’esterno.

Il fallimento del JCPOA e le sanzioni sull’Iran

Il crollo dell’accordo del 2015, dovuto all’uscita degli USA sotto Trump e alle successive violazioni iraniane, ha lasciato un pericolosissimo vuoto normativo. Sebbene il JCPOA sia tecnicamente valido fino ad ottobre 2025, l’Iran ha superato da tempo i limiti stabiliti sull’arricchimento (3,67%) e anche sulle scorte (202 kg). Nel 2023, l’AIEA ha persino rilevato tracce di uranio all’83,7%, sebbene Teheran abbia fornito spiegazioni tecniche (poco convincenti). Senza un nuovo accordo, dunque, il rischio è che l’Iran raggiunga presto uno 'stato soglia nucleare', e sia quindi capace di costruire un’arma nucleare in tempi brevissimi.

Il problema delle tensioni regionali tra Iran e Israele

Le recenti escalation tra Iran e Israele hanno aggiunto variabili ancora più pericolose. Il raid israeliano del 19 aprile 2024 vicino a Isfahan, sebbene non diretto agli impianti nucleari, ha infatti spinto Teheran a minacciare una revisione immediata della sua politica atomica. Secondo analisti, un attacco mirato alle strutture iraniane potrebbe indurre il paese a ritirarsi dal Trattato di Non Proliferazione (TNP), espellere gli ispettori dell’AIEA e accelerare l’arricchimento al 90%. E questo scenario aprirebbe poi la strada a una corsa agli armamenti in Medio Oriente, con Arabia Saudita e Turchia pronte a rispondere.

I negoziati di aprile: l’ultima speranza concreta

I colloqui in arrivo in Oman, tra l’inviato USA Steve Witkoff e il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, potrebbero quindi rappresentare l’ultima opportunità per evitare una crisi pesantissima. Gli Stati Uniti si presentano al tavolo chiedendo una riduzione dell’arricchimento, una limitazione dei droni e il taglio del sostegno a proxy come Hezbollah. L’Iran, invece, insiste sulla rimozione delle sanzioni e sul riconoscimento del suo diritto a un programma nucleare civile. Mentre la posizione di Trump - che minaccia “conseguenze severe” nel caso di mancato accordo - complica ulteriormente il dialogo.

Perché questa è l’ultima occasione

Se i negoziati falliranno, le opzioni rimaste saranno poche (e rischiose):

  • Sanzioni ‘snapback’: Europa e USA potrebbero ripristinare penalità economiche, ma Teheran risponderebbe senza dubbio con ulteriori violazioni
  • Attacchi militari: Israele ha valutato nuovi strike preventivi, ma gli impianti iraniani sono troppo protetti per essere neutralizzati senza una guerra totale
  • Proliferazione a catena: un Iran nucleare spingerebbe altri Paesi a dotarsi di armi atomiche, destabilizzando ulteriormente la regione.

In questo contesto, i colloqui di aprile 2025 rappresentano un bivio. Senza un compromesso, il programma nucleare iraniano potrebbe presto sfuggire a ogni controllo, trascinando il Medio Oriente in una nuova era di assoluta incertezza.

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