Skip to main content
Perché Trump ha imposto i dazi sulle auto (e come questo si ripercuote sull'Italia)
March 27, 2025 at 5:30 PM
by Redazione
pexels-kelly-1179532-2402235.jpg

L’ennesimo annuncio di Donald Trump ha scosso i mercati: dal 2 aprile, le auto e i componenti automobilistici importati negli USA saranno soggetti a dazi del 25%. La misura, ufficialmente giustificata per ragioni di sicurezza nazionale - oltre alla volontà di rilocalizzare la produzione - potrebbe innescare una guerra commerciale con ripercussioni globali, colpendo duramente l’Europa e, in particolare, l’Italia.

Perché Trump ha deciso di colpire l’auto

Fa tutto parte della strategia protezionistica che Trump porta avanti dal 2018, anno in cui impose i primi dazi su acciaio e alluminio. L’obiettivo è ridurre la dipendenza dalle importazioni e spingere le aziende a produrre direttamente negli USA, creando nuovi posti di lavoro. Tuttavia, l’industria automobilistica è un ecosistema globale: più della metà delle auto vendute negli Stati Uniti proviene dall’estero e il 60% delle componenti utilizzate dalle fabbriche americane è importato.

Questo significa che i dazi non colpiranno solo le case europee e asiatiche, ma anche giganti a stelle e strisce come Ford e General Motors, che assemblano i loro veicoli in Canada e Messico. Insomma, il rischio è che il provvedimento finisca per danneggiare anche le aziende statunitensi.

L’impatto dei dazi sull’Europa e sull’Italia

L’Unione Europea, che nel 2023 ha esportato automobili negli USA per un valore di 56 miliardi di euro, è tra i principali bersagli indiretti di questa misura. I Paesi più esposti sono Germania, Italia e Francia. In paricolare:

  • In Germania: marchi come Mercedes-Benz e Volkswagen sono in prima linea e il settore ha già risentito del provvedimento, con un calo delle azioni in borsa (-3,5% e -2% rispettivamente). Il ministro dell’Economia Robert Habeck, a questo proposito, ha definito i dazi un “duro colpo al libero commercio”
  • In Italia: non siamo grandi esportatori diretti di auto negli USA, ma il settore automobilistico italiano (con FCA/Stellantis, Ferrari e Lamborghini) è integrato all'interno di catene di fornitura globali. Quindi i componenti italiani potrebbero diventare meno competitivi per le fabbriche statunitensi, causando un effetto domino sulle imprese del settore.

E le possibili ripercussioni non si fermano qui. Perché le catene di approvvigionamento globali sono ormai tutte interconnesse: un’auto tedesca può contenere componenti prodotti in Messico o in Cina, che ora saranno soggetti a dazi. Questo porterà a un inevitabile aumento dei costi per i consumatori americani, che già devono fare i conti con l’inflazione. Inoltre, la Commissione Europea, con Ursula von der Leyen in prima fila, ha minacciato misure di ritorsione sui prodotti americani, aumentando il rischio di una vera e propria guerra commerciale.

Quali scenari per il futuro?

L’industria automobilistica europea è già sotto pressione per la transizione all’elettrico e la concorrenza cinese. Ora si trova di fronte a un’ulteriore sfida: l’aumento dei costi e il possibile calo delle esportazioni. Secondo Sigrid de Vries, direttrice dell’ACEA (l’Associazione europea dei costruttori automobilistici), le aziende europee hanno investito per decenni negli Stati Uniti, creando occupazione e contribuendo all’economia americana. Ma se i dazi resteranno in vigore, le case automobilistiche dovranno decidere se assorbirne i costi, riducendo i profitti, o scaricarli sui consumatori, con il rischio di un calo delle vendite.

L’Italia, pur non essendo nel mirino diretto di questi dazi, potrebbe subire contraccolpi indiretti. Ad esempio:

  • I fornitori italiani di componenti rischiano di perdere importanti contratti con le fabbriche statunitensi
  • I marchi di lusso come Ferrari e Lamborghini, che esportano parecchie auto negli USA, potrebbero dover rivedere i prezzi o ridurre le vendite.

Un’eventuale rappresaglia europea contro i prodotti americani, inoltre, potrebbe avere effetti negativi anche per le aziende italiane che operano nel mercato transatlantico.

Insomma i dazi di Trump rappresentano un ulteriore tassello della sua politica protezionistica, che rischia di destabilizzare un’economia globale già fragile. L’Europa, con l’Italia in prima linea, dovrà agire rapidamente per evitare un’escalation. Resta però da vedere se l’Occidente saprà trovare un equilibrio tra protezionismo e cooperazione economica, o se questa sarà solo la prima di una serie di nuove barriere commerciali.

Cookie Policy