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Termini e condizioniLa decisione di procedere con l’occupazione totale o parziale della Striscia è stata annunciata pubblicamente da Netanyahu nei giorni scorsi. “Nei prossimi giorni entreremo con tutte le nostre forze per completare l’operazione e sconfiggere Hamas”, ha dichiarato il premier israeliano, sottolineando che non ci sarà alcuna possibilità di fermare la guerra fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati. La nuova offensiva, approvata dal gabinetto di sicurezza su raccomandazione del capo di Stato Maggiore Eyal Zamir, prevede l’impiego di bombardieri, carri armati e truppe di terra, con una pressione militare senza precedenti su ciò che resta della Striscia.
Obiettivi strategici: sconfiggere Hamas e liberare gli ostaggi
La retorica ufficiale del governo israeliano ruota attorno a due obiettivi principali: la sconfitta definitiva di Hamas e la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani del gruppo palestinese. Netanyahu ha più volte ribadito che solo una presenza militare stabile e prolungata a Gaza può garantire la neutralizzazione della minaccia rappresentata da Hamas, impedire il suo ritorno al potere e assicurare la sicurezza di Israele nel lungo periodo.
Il trasferimento della popolazione e la questione umanitaria
Un altro elemento centrale della strategia israeliana riguarda la popolazione palestinese. Netanyahu ha ammesso pubblicamente che il governo sta lavorando per trovare Paesi disposti ad accogliere gli abitanti di Gaza, con l’obiettivo di favorire un trasferimento di massa. “Abbiamo istituito un’amministrazione che permetterà loro di andarsene, ma il problema per noi si riduce a un tema: abbiamo bisogno di Paesi che siano disposti ad accoglierli”, ha dichiarato il premier, lasciando intendere che la distruzione sistematica delle abitazioni palestinesi mira anche a rendere impossibile il ritorno degli sfollati.
Questa strategia, già definita da molte organizzazioni internazionali come una forma di “pulizia etnica”, ha sollevato forti critiche e preoccupazioni umanitarie. L’evacuazione forzata della popolazione verso sud o fuori dalla Striscia, insieme al blocco degli aiuti umanitari e alla distruzione delle infrastrutture civili, sta aggravando una crisi già definita “catastrofica” dalle Nazioni Unite.
Una strategia di lungo periodo
Secondo quanto trapela dai media israeliani e dalle dichiarazioni ufficiali, l’occupazione di Gaza non sarà temporanea. Netanyahu ha affermato che i territori conquistati non verranno restituiti e che la presenza militare israeliana sarà mantenuta “per un lungo periodo”. In parallelo, il governo sta cercando di escludere le agenzie dell’ONU dalla distribuzione degli aiuti umanitari, affidando la gestione a operatori privati selezionati da Tel Aviv.
Le reazioni internazionali e i rischi futuri
La comunità internazionale, compresa l’Unione Europea, ha espresso “profonda preoccupazione” per l’escalation e per le conseguenze umanitarie delle operazioni israeliane. Tuttavia, le pressioni diplomatiche finora non hanno prodotto cambiamenti nella strategia di Israele, che appare determinata a portare avanti il piano anche a costo di un isolamento crescente.
La nuova fase della guerra a Gaza segna un cambio di paradigma: dal contenimento e dalle operazioni mirate, Israele passa a una logica di occupazione e controllo diretto, con l’obiettivo di ridisegnare gli equilibri demografici e politici della Striscia. Una strategia che, al di là degli obiettivi dichiarati, rischia di alimentare ulteriormente la crisi umanitaria e di complicare ogni prospettiva di soluzione pacifica nel lungo periodo.